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Gardens of the Night

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coloramente
view post Posted on 11/2/2008, 14:06




BERLINO — L'infanzia di Leslie finisce una bella mattina di sole. Otto anni, capelli biondi, occhi chiari e fiduciosi, va a scuola percorrendo il solito vialetto fiorito. Ma dietro una siepe ad attenderla c'è il Lupo, un affabile signore di mezza età che finge di cercare il suo cane. La bambina gli dà retta, per aiutarlo fa tardi e accetta un passaggio in auto. In classe quel giorno Leslie disegna angeli sorridenti, nel pomeriggio lo sconosciuto è ancora in agguato. Ancora la invita a salire in macchina, ma stavolta il viaggio sarà verso l'inferno. Il nuovo mondo che l'attende è quello della pedofilia, della tratta dei bambini, della violenza più atroce. Gardens of the Night di Damian Harris, ieri in concorso, ha scosso la Berlinale sollevando un tema di sconvolgente attualità, che rimanda alla vicenda recente della piccola Maddie, pure lei bionda e bella.

L'insostenibile crescendo di angoscia della storia ha così spinto molti ad abbandonare la proiezione del film, che pur senza mostrare nulla lascia intendere tutto. Ma quello che più ha turbato è il legame tra la piccola vittima e il suo carnefice, capace di tenerezza, di incantarla con coccole, giocattoli, bevande drogate. Dopo una di queste bibite Leslie si sveglia in una casa con la porta chiusa a chiave e le sbarre alle finestre. Nella stessa stanza c'è un altro bimbetto, scuro di pelle, Donnie, anche lui raggomitolato in un lettino, anche lui accudito da quel signore gentile che sa consolare le lacrime e convincerli di esser stati abbandonati dai genitori. Si fa chiamare «zio». E da bravo zio pettina i capelli di Leslie, l'accudisce durante il bagnetto, le porta il latte con il sonnifero, le toglie la camicia e la fotografa. Talvolta, di nascosto, la conduce in una villetta dove altre bimbe tristi come lei indossano per il piacere dei padroni di casa vestine da bambola. «Tutti mi sconsigliavano di accettare questo turpe ruolo ma io dovevo farlo — interviene Tom Arnold che impersona il rapitore —. È stata dura, anche perché ho vissuto sulla mia pelle un'esperienza simile. A quattro anni sono stato molestato da un vicino di casa. Mi dava i bonbon e faceva parere tutto un gioco, tanto che per molti anni ho pensato che quelle cose lì le facessero tutti i bambini. Da grande sono andato a cercare quell'uomo, ho scoperto che era sposato e aveva quattro figli adottivi ».

Caramelle e manipolazione psicologica danno i loro frutti: rassegnata alla sua sorte Leslie muore dentro. La ritroveremo otto anni dopo sul marciapiede, graziosa adolescente (a darle il volto la delicata Gillian Jacobs) ma anche tossica e prostituta, usa a battere con il suo «fratellino» di sventura e tanti altri ragazzi perduti. Un'occasione di salvezza le verrà offerta da un assistente sociale (John Malkovich, in un intenso cameo) che riuscirà addirittura a farle ritrovare la famiglia. Ma ormai troppo tardi. «Le statistiche dicono che negli Usa i ragazzi di strada sono un milione e trecentomila, il 60% di loro sono vittime di violenze e abusi — dichiara il regista —. Ho parlato con membri del Child Sex Crimes di New Orleans e la Polizia di San Diego, dove mi hanno detto che questa città è ormai la capitale dei "kiddie porn"». Un altro rapimento di bambino, pur se con lieto fine, si è visto sempre ieri in Julia di Eric Zonca, protagonista Tilda Swinton, nei panni di un'alcolista fuori di testa, pronta a improvvisare un sequestro di minore. «Una donna senza alcun senso materno — si definisce l'attrice —. Ce ne sono tante, non occorre essere ubriacone. Ma a Julia tocca la fortuna di scoprirsi madre nel modo più inatteso»

(www.corriere.it)
 
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