skeptic |
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| Il suicidio sconvolge perché si oppone al più prepotente degli istinti (l'istinto di sopravvivenza), alcuni medici sostengono che sia sempre da considerarsi di rilevanza psichiatrica. Penso che le conoscenze cliniche non bastino a risolvere il problema filosofico connesso ad un atto così estremo. Trovo comunque semplicistico e sbagliato parlarne come "effetto" di una "causa" (in questo caso l'essere lasciati). Ci sono varie forme di suicidio: quello ricattatorio (in genere simulato - che può finire col realizzarsi, superando le proprie intenzioni - considerate le modalità - potrebbe rientrarvi il tragico episodio descritto), il cosiddetto "estremo appello" (una persona disperata che sente di non avere più risorse e cerca di porre fine alla propria vita sperando che questo gesto comunichi l'estrema impenza ed induca al soccorso), quello della fuga (rinuncio alla vita perché non so viverla), quello dell'"infelicità senza desideri" (per citare Handke- che ha così intitolato il libro sul suicidio di sua madre), quello filosofico (jainista - la più antica religione non violenta dell'India), quello "per imitazione" (come avviene in Giappone - con gli incontri, indetti via internet per "suicidarsi insieme") e si potrebbe continuare- anche perché le "classificazioni" variano a seconda degli autori. E' possibile "indurre" una persona particolarmente fragile, in crisi a commettere suicidio, cosa che hanno fatto a volte alcuni guru, tuttavia tranne tali casi - non esiste una consequenzialità causa-effetto.
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