| Si può parlare di genitori quando non lo si è? Credo di sì, altrimenti starei zitta. Se diventare genitori è un diritto e fare il genitore un dovere, bisogna passare dall'appagamento di un proprio bisogno alla realizzazione di un desiderio altrui. Cosa voglio dire? Che una volta "fatto il figlio" ci si deve impegnare affinché si realizzi al massimo delle sue potenzialità e non delle nostre aspettative. Tenendo presente questo principio si avrà rispetto del bambino in quanto persona (ed è questa la novità della dichiarazione universale dei diritti dei bambini) e quindi si adotteranno dei metodi educativi che lo coinvolgano come protagonista (mediazione), il bambino va guidato nelle scelte e seguito, non forzato. Le difficoltà che incontrano i genitori sono dovute, sì alla mancanza di trasmissione della "tradizione", sì alle contrastanti indicazioni di diverse scuole pedagogiche, sì ai ritmi di lavoro, sì al contrasto con i coetanei ed anche all'interferenza dei nonni, ma anche e soprattutto al non rendersi conto che appiattirsi sull'oggi, appagando qualsiasi capriccio, distrugge la crescita. Il bambino può e deve rendersi conto che l'impegno, la gradualità, lo sforzo portano ad una ricompensa futura maggiore. Il genitore che fa debiti perché soddisfa il presente a scapito del futuro, che non sa procastinare il divertimento, che non sa rinunciare alla TV per dedicarsi alla famiglia, è lui stesso un bambino viziato. Non dimentichiamoci, comunque, che, anche in Italia, c'è la piaga del lavoro minorile, dei bambini maltrattati, e che il fenomeno delle "botte" non è affatto marginale.
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