skeptic |
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| Sono d’accordo con te: c’è una carenza di genitorialità, un’incapacità a comprendere i problemi (diffusa anche tra i pediatri) e la fiducia ingenua nel “farmaco risolutore”. Credo che il non fare divulgazione medico-pedagogica sia una scelta, non economica ma autoritaria, per ritornare ad una società gerarchica. Penso per esempio a come viene affrontato diversamente il problema degli aborti dei Down, in Canada ed in Italia. In Canada è il comitato dei diritti dei diversamente abili (in gran parte Down, in prima persona – o ragazzi accompagnati dai genitori) che promuove la conoscenza di questa sindrome: i Down non si ammalano di tumore, né di depressione, né si danno casi di suicidi di Down (sì hanno alte percentuali di malattie cardiache, l’Alzheimer insorge in età più precoce) tuttavia è presumibile, considerate anche le caratteristiche comportamentali connesse alla patologia, che tali persone siano soggettivamente più felici delle altre. Le terapie riabilitative sono estremamente promettenti e sfociano, in numerosi casi, in una pressoché totale autonomia del paziente adulto. L’informare e sfatare anche il mito che i “Down sono tutti uguali”, perché il corredo cromosomico li fa (al di là dei segni sindromici) assomigliare ai genitori rassicura; inoltre la certezza di poter usufruire di assistenza adeguata spinge molti a scegliere di portare avanti la gravidanza. In Italia, generalmente viene presentato un quadro drammatico e catastrofista, se non terrorizzante, dicendo alla fine che sta alla donna decidere se mettere in conto l’elaborazione per il lutto di un aborto o l’accollarsi per tutta la vita “un’infelice”, mentre dall’altra parte movimenti “pro-life” con un atteggiamento condiscendente e pietistico verso il “povero handicappato” e di una ferocia inverosimile verso la madre la rendono incapace di un lucido discernimento e ciò che accadrà sarà subito e non deciso.
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